Parlano di Noi, Ufficio Stampa e Comunicazione

Corriere del Mezzogiorno NA – Così il porto di Napoli può diventare il «Mose» del Sud

La lettera di Lina Lucci.

Caro direttore, l’editoriale del professor Giannola dell’altro ieri porta opportunamente un titolo eloquente «Eutanasia dei Meridione» e un’analisi precisa e a tratti sconfortante sul Sud. Il riferimento alla mancanza di un qualunque progetto strategico che parta dal Mezzogiorno si combina, purtroppo, con la diffusa incapacità di dare concretezza e seguito adeguato a quelle situazioni in cui progetti ci sarebbero. Basti pensare alla vicenda emblematica del porto di Napoli: gli investimenti stimati, tra pubblico e privato, per oltre 1,3 miliardi e le azioni messe in campo da Caldoro dal giugno 2011 – anche su nostra richiesta – sembravano avviare una svolta. E a crederci è stata anche recentemente la Commissione Europea che a giugno ha dato il via libera ai primi 154 milioni di investimenti da spendere entro dicembre 2015 per rinnovare un porto che continua a perdere traffico, armatori e navi, con infrastrutture obsolete e fondali inadeguati, incapace di rispettare e far rispettare leggi e regolamenti. Basti pensare, solo per fare un esempio, che il responsabile dell’Anticorruzione è anche il dirigente dell’area contratti, in violazione delle stesse norme sull’anticorruzione, ma è anche da molti anni il dirigente dell’area legale; che l’ex segretario generale è l’ex amministratore delegato di quella società, la Nausicaa, chiusa per dichiarata inutilità ma che nel frattempo aveva consumato 1,6 milioni per compensi agli amministratori. Un porto che finirà per essere ricordato come il porto degli sprechi, il Mose del Sud, che ha visto più commissari (7) che presidenti (3), con tante concessioni rilasciate senza procedure di evidenza pubblica e sulle quali mai nessun efficace controllo per la verifica dei piani di impresa è stato effettuato. E intanto invece di pagare i debiti molti concessionari chiedono, ed ottengono, attestati di sgravio per lavori eseguiti in surroga dell’ente pubblico. Poco importa se in aperta violazione delle norme di gestione sui lavori pubblici. E mentre importanti imprese rischiano la revoca delle concessioni demaniali per il mancato pagamento dei canoni, gli amministratori di queste da un lato sono chiamati a rispondere alle contestazioni mosse dalla magistratura, dall’altro spingono sul Mise e sulla Regione per ricevere milionari finanziamenti per contratti di programma a cui non possono più accedere proprio per le loro omissioni. Ma in che Paese viviamo? Un porto che ha dovuto restituire tanti finanziamenti per la mancata realizzazione di opere a causa di soggetti che, in varie forme, hanno generato ostacoli per l’esecuzione dei lavori. E ancora oggi l’Autorità Portuale non ha bandito una sola gara a tre anni dalla presentazione del Grande Progetto all’Ue e dopo oltre due mesi dalla definitiva approvazione dei finanziamenti. E cosa ha fatto il Ministro Lupi per risolvere questa grave condizione di imbarazzo? Ha sottoscritto tre consecutivi incarichi commissariali che non hanno prodotto un bei nulla. Anzi stanno tentando di fermare quell’azione riformatrice che era stata messo in campo. Al commissario Karrer che ha avuto l’ardire di sostenere che i sindacati non hanno un interesse collettivo nel chiedere informazioni rispondiamo che le spiegazioni dovrà darle ai 1500 lavoratori che non verranno mai occupati ed agli altri che lavorano nel porto e rischiano di restare a casa. Dovrà spiegare perchè invece di risolvere i problemi li complica, mettendo in discussione il lavoro già svolto sulla pianificazione del porto e legittimando così la presenza dei petrolieri, che invece sono il cancro dell’area Est di Napoli.

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